Digital workplace

Lavoro Smart, Agile oppure… Hybrid working? Non è tutto oro ciò che luccica

In questo secondo parte dell’articolo andremo a delineare i confini entro cui le modalità di lavoro remoto sono realmente efficaci per i collaboratori e le aziende.

In questa seconda parte dell’articolo dedicato alle sfumature del mondo dello smart working, andremo a delineare i confini entro cui le modalità di lavoro remoto sono realmente efficaci per i collaboratori e le aziende.

Il rischio infatti è che interpretando in maniera scorretta il concetto stesso di “smart working” si può danneggiare l’equilibrio tra vita privata e lavoro, rendendo il tutto inutile.

Per andare a fondo alla questione ci aiuteremo con le parole di David Bevilacqua, CEO di Ammagramma e tra i massimi esperti in materia ed abbiamo avuto l’onore di averlo tra i relatori del nostro ultimo evento H.U.G. organizzato nel nostro “antiufficio” HUB55 lo scorso il 10/12/21.

↓ Se vuoi approfondire, trovi qui il video integrale della convention ↓

“Come la tecnologia abbraccia il cambiamento” H.U.G. 2021

Quando il lavoro può dirsi veramente smart e quando invece diventa solo un ulteriore fonte di stress per i dipendenti?

Nelle prossime righe vedremo cosa fare e soprattutto NON fare, per sfruttare davvero le opportunità del lavoro da remoto ed essere felici e produttivi.

L’articolo precedente si è chiuso con la promessa che saremmo andati ad approfondire le caratteristiche e le sfumature che rendono veramente smart le nuove modalità di lavoro.

In questo senso ci tornano particolarmente utili in questo senso le parole spese da David Bevilacqua che ha identificato in maniera molto precisa le modalità in cui il lavoro da remoto può diventare addirittura tossico.

Nelle prossime righe vedremo quali sono i punti principali del suo speech, per poter approcciare al mondo dello smart working in maniera più sana e consapevole.

Partiamo dal titolo dell’intervento: “Hybrid working e la promessa tradita del digitale”.

Il punto principale su cui verte tutta la presentazione di David è stato mettere l’accento sulla differenza tra quello che dovrebbe essere il vero lavoro smart e quello che invece è diventato anche e soprattutto a causa della pandemia.

Il problema infatti è che si è arrivati a mixare la vita lavorativa e privata delle persone in maniera caotica, gli ambienti domestici sono stati violati e la nostra vita stessa si è trasformata in un flusso ibrido, dove è molto difficile riuscire a tracciare e riconoscere i limiti di una sfera e dell’altra.

Addirittura aggiunge: “Ibrido mi fa pensare a due elementi eterogenei tenuti insieme a forza”.

Proprio come nell’immagine della sua slide dove una male e una pera sono cucite insieme, il lavoro ibrido che tanto viene celebrato oggi dalle aziende che lo utilizzano come sostituto del semplice concetto di smart working, rappresenta invece un grosso passo indietro.

Il sogno degli hybrid working space è una mezza verità, che ci raccontiamo per sentirci innovatori a tutti i costi anche quando innovazione non ce n’è.

Certo, ci sono aziende che hanno sviluppato una bella area relax con tanto di calciobalilla, ma difficilmente vedremo una vera diffusione di spazi veramente ibridi che comprendono una cucina vera e l’unico posto che si presta davvero a diventare ibrido, resta casa nostra, ma ci sono una serie di rischi da tenere di conto.

Cosa c’è di “evoluto” in una situazione ibrida come questa, dove si fa colazione, si studia, si lavora e poi si pranza sempre sullo stesso tavolo?

Secondo David – e ci sentiamo di condividere in pieno – l’immagine qui sopra è una involuzione del concetto di lavoro da remoto, perché contaminare gli spazi privati è un’abitudine molto tossica sul lungo periodo.

Adattarsi per un giorno o due non è un problema, teoricamente si potrebbe lavorare un po’ ovunque con un PC e una connessione affidabile, ma nella pratica se non c’è la giusta concentrazione e una postazione comoda e isolata dal caos della casa, diventa insostenibile, stressante e alienante.

L’unica alternativa valida, per rendere davvero efficace l’approccio smart, sarebbe avere a disposizione una camera-studio apposita, ma quante famiglie dispongono di tali spazi?

Questa è la prima promessa che spesso viene tradita e la seconda è legata all’uso che facciamo degli strumenti, perché in teoria le videoconferenze sono state e resteranno lo strumento che ci permette di connetterci in maniera veloce, efficace, economica e istantanea.

I meeting online uniscono persone a distanze notevoli ma anche persone che sono nella stessa città ma in uffici e residenze diverse, ma come possiamo fare in modo che siano un vero strumento efficace e non un’inutile perdita di tempo?

Bisogna scindere teoria e pratica, perché se le call fossero impostate sempre con un vero criterio avrebbero molto più valore, mentre spesso diventano luoghi-non-luoghi dove ci si riunisce in maniera confusa e poco produttiva.

Ti è mai capitato di ritrovarti in un meeting e domandarti: “Questa call poteva essere una mail?”. Oppure: “Ma io che ci faccio qui che ho 1000 cose da fare?”.

Se la risposta è si, probabilmente il tuo manager o chi ha richiesto la call non ha compreso fino in fondo come sfruttare gli strumenti ed ottimizzare il tempo di tutti, ma per fortuna non ci vuole molto a correggere il tiro.

Le video conferenze sarebbero uno strumento valido se tutti avessero una postazione idonea, illuminata e silenziosa, se tutti avessero la connessione adatta, se tutti riuscissero a far funzionare camera e microfono senza i soliti “mi senti? mi vedi?” e tutti i piccoli e grandi inconvenienti che possono accadere e rallentare le operazioni ancor prima che si entri nel vivo del discorso.

Secondo David le nuove modalità di hybrid working mandano però alle ortiche il life-work balance, perché il vero vantaggio dovrebbe essere la restituzione del tempo alle persone, ma di che qualità di tempo stiamo parlando?

Quello che viene ibridato non è il lavoro, ma la nostra intera vita ed il nostro tempo, perché spesso siamo incapaci di scindere il lavoro con la vita privata ed il tempo che recuperiamo grazie al fatto di non dover andare in ufficio, deve essere tempo di qualità.

Un esempio vivido? Se lavorare in “smart” mi permette di andare a prendere i bimbi da scuola, ma poi io sono isolato in call con le cuffiette e loro seduti dietro per i fatti loro, questo tempo recuperato è in realtà un’illusione.

La soluzione è separare in maniera netta il tempo dedicato al lavoro da quello privato, al fine di rendere più produttivi entrambi i momenti. Il motivo è che non bisogna spezzare il ritmo ed il flow della cosa che stiamo facendo.

Se siamo in call e bussano alla porta, alzarsi ad aprire e tornare in 2 minuti non è un gran problema, ma toglie ritmo alla riunione in cui ci si stava confrontando.

Allo stesso modo, se si è un momento off, magari a cena con qualcuno e arriva il messaggino o ancor peggio la telefonata di lavoro, il problema non è tanto i 3 minuti di interruzione, ma il fatto che nel complesso si è contaminato quel momento privato con pensieri diversi, si è distolto l’attenzione dal momento e questo abbassa la percezione della qualità della nostra vita.

Dopo questa breve introduzione davvero illuminante, David ha proseguito condividendo le sue soluzioni pratiche, vediamole insieme.

Quando chiediamo “Come va?” e ci viene risposto qualcosa tipo: “Un disastro, sono caduto giù dal letto e da quel momento sono saltato da un meeting all’altro, ho pranzato al volo davanti al pc ed ho ancora mille cose da fare” questo è un campanello d’allarme enorme.

Se è una situazione sporadica nessun problema, chi di noi non ha le sue giornate terribili?

Se però questo è il modello di business su cui si fonda l’azienda intera e questa è la giornata tipo del lavoratore, allora bisogna stare bene attenti, perché è qualcosa di insostenibile sul lungo termine e bisogna mettere riparo prima possibile.

Ovviamente c’è anche l’opzione B, ovvero che a moltissimi piace raccontarsi super impegnati perché fa status.

Sembra quasi che se non vai sempre di corsa a 1000 non sei abbastanza bravo, ma la verità è che con l’Hybrid working diventa estremamente difficile gestire l’agenda personale.

Siate disciplinati con voi stessi e rispettosi del tempo degli altri (questo vale soprattutto per i manager).

Call, appuntamenti, aggiornamenti e anche semplici scambi di mail andrebbero fatti negli orari “giusti”, senza interferire con la vita privata dei dipendenti e senza abusare della loro disponibilità e della posizione di leadership.

Se una call può essere sostituita da un messaggio sulla chat aziendale o una banale mail, fatelo! Vi risparmierà il tempo di dover richiedere la call per incrociare le disponibilità, schedulare l’incontro, avviare il meeting con tutti i convenevoli del caso (nessuno inizia direttamente con “Ascolta mi serve XYZ”).

Manda la mail, attendi la risposta e via. Le call, così come le telefonate, servono solo per task urgenti o talmente complesse che è più semplice spiegare di persona che per iscritto.
Per tutto il resto, c’è la mail.

Essere un bravo manager significa anche saper rispettare il tempo altrui ed il proprio, insegnando quali sono le regole d’ingaggio giuste per tutti.

Non rispondete al telefono fuori orario, non abbiate l’ansia di dover rispondere per forza a quella mail anche nel weekend, non mescolate il vostro tempo libero con quello che dovreste dedicare al lavoro e viceversa.

Il motivo è che c’è la errata percezione che il lavoro da remoto sia una gentile concessione del datore di lavoro alla quale dobbiamo compensare con la nostra presenza e reperibilità costante.

Nulla di tutto questo! Se l’azienda ha deciso di lavorare in smart è perché ha fatto le sue analisi costi-benefici e quindi non bisogna fare nulla di diverso da ciò che si farebbe in presenza.

Quindi se riceviamo contatti dai colleghi, rispondere educatamente con un semplice: “È urgente?”, metterà ogni cosa nella giusta prospettiva ed il 99% delle volte la risposta sarà: “Nulla di grave, ci sentiamo domani”.

Quante volte ci sono riunioni da 10 persone o anche più, dove però parlano ed interagiscono solo in 2 o 3?

Riunioni dove ci sono persone connesse senza camera e microfono attivi, che stanno solo “marcando il cartellino” della loro presenza virtuale in quel meeting dove probabilmente non hanno motivo di essere?

La soluzione per non abusare del tempo altrui, non sottrarre ore lavoro alle risorse aziendali e ottimizzare i flussi di comunicazione è coinvolgere in ogni riunione solo chi è davvero interessato, con un ordine del giorno chiaro che sappia dare un senso alla presenza di ognuno.

Dal punto di vista dei dipendenti è più difficile dire di no perché si ha altro da fare, ma è nell’interesse di tutti investire ogni secondo del proprio tempo dedicato all’azienda in attività produttive che permettano ai progetti di avanzare.

Quinto ed ultimo punto di questo elenco di “best practice” davvero preziose e che si possono mettere in atto da subito in ogni contesto, è accorciare i meeting per dare il tempo di fare il debrief e prepararsi per quello successivo.

Quando la giornata passa in flusso confuso di 4-5-6 call di fila, dove si passa da un argomento all’altro senza il tempo di decantare, la produttività e l’attenzione calano ai minimi storici.

Quante volte ci ritroviamo in riunioni delle quali non sappiamo nulla e al termine delle quali non c’è un report che fa il punto della situazione, degli avanzamenti raggiunti e delle prossime attività da mettere in piedi?

Un meeting che non ha un’agenda e una direzione chiara è una completa perdita di tempo per la maggior parte dei partecipanti.

Se non si lascia traccia scritta di quanto si è detto e si delega tutto alla memoria e l’intraprendenza dei partecipanti.

Può funzionare ma non è un modo sano e corretto di gestire il lavoro, perché soprattutto quando si fanno meeting in serie, c’è bisogno di prepararsi prima e di mettere i paletti al termine della riunione per capire bene cosa si è risolto e come procedere.

Senza questo tipo di schema si naviga a vista ed è uno spreco di tempo che nessuna azienda può sostenere a lungo e che danneggia la vita dei dipendenti.

In maniera un po’ provocatoria, ma molto sagace, David analizza proprio l’etimologia della parola ibrido e sottolinea come in realtà l’accezione positiva con cui viene proposta oggi vada in contrasto con quello che è il suo vero significato:

La conclusione delle riflessioni di David Bevilacqua, è che bisogna deviare al più presto dalla rotta attuale che ci porta verso un mondo dove siamo iperconnessi, iperpresenti e sempre con un occhio al pc.

La direzione che propone lui, così come anticipato dalla slide, sarebbe proprio una modalità di lavoro “armonioso”, dove riusciamo tutti a mantenere il giusto equilibrio vita-lavoro ed una performance è ottimale, senza che la nuova modalità operativa vada a pesare in termini di stress più di quanto non farebbe la normale vita da ufficio.

In che modo cerchiamo di fare tesoro di questi consigli in Hermes?

La nostra filosofia si allinea perfettamente alle indicazioni dello speech di David e riteniamo che la qualità sia molto più importante della quantità.

Nella nostra idea di business si lavora per obiettivi, con step intermedi di controllo e follow up cadenzati che permettono di aggiustare il tiro in corsa nella maniera più efficace possibile, durante lo svolgimento del progetto e non a monte.

Più che il remote working o il semplice smart working, abbracciamo il concetto del lavoro agile, cosa che approfondiremo nel dettaglio nel corso dei prossimi articoli qui sul nostro blog.

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